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X-Men: Dark Phoenix, il canto del Cigno dei mutanti

by Toyzntech_bot


Atto conclusivo della lunga saga cominciata 19 anni fa, la storia vede come protagonista Jean Grey, posseduta dalla divinità cosmica conosciuta come Fenice e in procinto di diventare la più grande minaccia per i mutanti di Charles Xavier.
Il film è il secondo adattamento della “Saga di Fenice Nera”, scritta da Chris Claremont nel 1980 e considerata la più importante saga con protagonisti i mutanti, nonché la più popolare. Il primo parziale adattamento fù X-Men: Conflitto Finale, uno dei meno riusciti della saga Fox, complice l’abbandono di Bryan Singer, regista all’epoca dei primi due splendidi film.


Proprio Singer per sua stessa ammissione decise di girare X-Men: Giorni di un Futuro Passato, per correggere gli errori di Conflitto Finale e porre rimedio alle numerose morti del film, alcune davvero frettolose.
Siamo nel 1992, sono passati alcuni anni da Apocalisse, durante una missione di salvataggio fuori dall’atmosfera terrestre Jean Grey viene colpita da una tempesta solare anomala e si ritrova a gestire dei poteri enormemente amplificati, facendo i conti con le sue paure e con la paura degli amici e delle persone attorno a lei. Fragile, corrotta dalla Fenice e spinta verso il lato oscuro da una misteriosa aliena, si troverà a combattere contro tutto quello che conosce e che gli X-Men hanno costruito negli anni.

Dark Phoenix, bisogna ammetterlo, è stato un film sin dall’inizio con un destino segnato. Arrivato forse troppo tardi, in un’era in cui i fan chiedono a gran voce l’inserimento dei Mutanti nel MCU e in cui l’interesse verso la saga Fox è quasi completamente scemato.
L’accanimento mediatico verso il film è stato quasi totale, dimenticando in maniera ingenerosa e ingiusta quanto gli X-Men abbiano contributo al mercato dei cinecomic e quanti film di eccellente fattura siano usciti, numericamente superiori ai progetti pessimi e mediocri. Dark Phoenix è un progetto totalmente da buttare? Si tratta del peggior cinecomic di sempre e del peggior film in assoluto della saga dei Mutanti, da dimenticare e ignorare? No, decisamente no.

I primi venti minuti di Dark Phoenix sono notevoli, intensi, veloci, c’è poco spazio per le risate, si entra subito nel vivo della storia. L’accompagnamento sonoro di Hans Zimmer è sin da subito di eccellente fattura, adatto al clima, in crescendo continuo per tutto il film. Ci sono pochi momenti di pausa nei 114′ minuti del film, l’azione è ben dosata nei quattro atti che compongono la storia e le scene sono ottimamente coreografate, un passo avanti rispetto ad alcune incertezze viste in Apocalisse. Anche la CGI è di fattura decisamente migliore e visivamente viene resa giustizia all’onnipotenza di Fenice, vera e propria stella del film.
Il film pecca nella caratterizzazione e nel minutaggio riservato ad alcuni dei protagonisti, poco considerati o appena accennati. Le interpretazioni di Sophie Turner e di Micheal Fassbender svettano su tutti, se l’attrice britannica si rivela una piacevole sopresa, Fassbender è una garanzia, mettendo un scena un Magneto carismatico e duro come non si era mai visto finora. Ciclope e Tempesta sono ancora acerbi, lontani dagli alter-ego cartacei, un minutaggio maggiore avrebbe potuto contribuire a render loro giustizia, così come a chiudere alcune trame irrisolte o a rispondere ad alcune questioni legate al precedente film che non vengono approfondite.
Viene esplorato anche il lato oscuro di Charles Xavier, interpretato nuovamente da James McAvoy, schiavo del suo ego e della convinzione di non commettere mai errori.
La sensazione di deja-vu dopo aver visto Confitto Finale è presente in alcuni momenti chiave del film ma non proporre certe situazioni avrebbe probabilmente significato allontanarsi ancora di più dalla controparte cartacea.
Anche alcuni confronti tra i protagonisti e qualche cambio di fazione sono inevitabilmente già visti e ormai non stupiscono.
X-Men: Dark Phoenix è un film cupo, drammatico, un adattamento più fedele della saga di Fenice Nera rispetto a Conflitto Finale, anche se ancora lontano dalla controparte cartacea, una conversione fedele avrebbe probabilmente richiesto più film. Jean soffre, la sua famiglia e i suoi amici soffrono, la sua fragilità si riflette nelle sue azioni, quelle di una ventenne diventata onnipotente e che ha dentro di se una forza che non è in grado di controllare, anima gemella della Fenice, scelta dall’entità cosmica per ospitarla.
Non si ride e non si sente il bisogno di ridere, non ci sono momenti anticlimatici che spezzano la tensione, crescente fino alla fine.

X Men: Dark Phoenix è la chiusura di un viaggio lungo 19 anni, una saga che ha regalato film tutt’ora maturi e brillanti come pochi altri ed è un film che intrattiene per quasi due ore, coinvolgendo ed emozionando. Non è perfetto, non è un capolavoro, ha problemi nello sviluppo di alcuni personaggi e non ha il sapore di una vera e propria chiusura, quanto di un tentativo di proporre una degna versione di una delle saghe Marvel più importanti mai scritte, impresa riuscita parzialmente. Ma in fondo, la chiusura della saga è stata già degnamente rappresentata dagli splendidi Giorni di un Futuro Passato e Logan. Forse il vero problema del film e dell’accanimento nei suoi confronti è proprio la sensazione che lascia, quella di essere una storia godibile, intensa ma di passaggio e senza risvolti futuri. Nato troppo tardi, dal destino segnato ma maltrattato ingiustamente e con poca obiettività, in un mercato dominato da prodotti sempre più simili. Forse, e purtroppo, Dark Phoenix è davvero l’ultimo capitolo di un modo diverso, più cupo e drammatico di trasporre i cinecomic.
Da vedere senza fanboyismi e pregiudizi e senza essere così certi che il futuro ci riserverà al 100% Mutanti caratterizzati e sviluppati meglio, a prescindere.

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