Disponibile da inizio ottobre su Netflix, Elite è un serial spagnolo prodotto da Netflix in otto puntate, sulla scia del successo planetario di La Casa di Carta (La Casa de Papel).
E proprio dal grandissimo successo iberico attinge lo stile registico, parte delle atmosfere e ben tre membri del cast, Maria Pedraza (che in Casa de Papel interpetava Alison parker), Miguel Herran (Rio) e Jaime Lorente (Denver).
Tantissimi l’hanno amata, alcuni l’hanno odiata ma Casa de Papel è stata vista (almeno per una puntata) da praticamente qualsiasi appassionato di telefilm occidentale. E per chi l’ha amata, immergersi nel mondo di Elite è questione di pochi minuti.
Anno 2018, tre giovani ragazzi di umili origini (per non dire poveri) come risarcimento in seguito al crollo di una parte della loro scuola superiore, vincono una borsa di studio a testa da parte di una famiglia dell’alta società spagnola, responsabile della costruzione della scuola. Samuel, Nadia e Christian entrano così a Las Encinas, prestigioso istituto spagnolo frequentato da giovani ricchi e viziati, ragazzi che un giorno rappresenteranno l’elite del paese.
Come prevedibile, la vita per loro sarà tutt’altro che facile e tra bullismo, umiliazioni e amori improbabili si verificherà un omicidio. E proprio a evento definito la trama comincia a dipanarsi, ripercorrendo il cammino dei tre ragazzi fino a svelare i misteri più profondi di Las Encinas.
Con otto puntate da 45-55 minuti che scorrono d’un fiato, Elite si presta bene al binge watching. La storia si dipana lentamente toccani molti temi e molti aspetti della società contemporanea, come il razzismo e la lotta di classe.
La serie mostra due mondi perfettamente contrapposti: quello dei “poveri”, appartenenti a un mondo umile, fatto di delinquenza e compromessi per vivere una vita degna, e quello dei ricchi, con agiate famiglie che tirano le redini della società da dietro le quinte e i loro figli, annoiati dalla vita quotidiana e dalla loro posizione dominante e in cerca di di svago.
Uno dei pregi della serie è proprio quello di riuscire a dare spazio a tutti i protagonisti approfondendone i comportamenti e riuscendo ad evidenziare che il confine tra il bene e il male, tra il bianco e il nero, è più sottile di quello che pensiamo.
Non esistono certezze assolute e per tutti gli otto episodi assistiamo a un continuo ribaltamento di situazioni, senza avere ben chiaro fino alla fine chi ha commesso l’omicidio e per quale motivo.
Brillano le interpretazioni di Jaime Lorente (Samuel) e Maria Pedraza (Marina), già attori affermati e in grado di mettere facilmente in ombra buona parte del cast, con una menzione speciale per Mina El Hammani (Nadia), protagonista di una delle sottotrame più interessanti della serie con un vero e proprio scontro culturale tra umili lavoratori di origine araba e l’elite spagnola.
Comprimere tante storie e temi in otto puntate non è facile e il rovescio della medaglia sta proprio nel difetto della serie del voler ricercare l’eccesso, del voler portare all’estremo determinati comportamenti e
situazioni. I protagonisti sono sedicenni e alcune situazioni e rapporti tra di loro risultano forzati e poco credibili.
La serie si svolge durante in intero anno scolastico ma la percezione è che tra un evento e l’altro passino pochi giorni e lo sviluppo dei rapporti interpersonali risulta frettoloso e scandito male.
In Casa de Papel abbiamo assistito a rigenerazioni istantanee degne del buon Wolverine, in Elite le ferite fisiche guariscono con il passare del tempo ma il tempo sembra non passare.
Complessivamente Elite è una buona serie, adattissima a una visione rapida in pochi giorni. Da seguire attentamente per non perdere nessun dettaglio della trama, chiudendo un occhio su alcune imperfezioni nella sceneggiatura.